Diario di Viaggio: alla scoperta dello Sri Lanka, terra senza confini e di infinita bellezza

Colombo, la capitale dai mille volti. Ottava ed ultima puntata del nostro Diario di Viaggio: alla scoperta dello Sri Lanka, terra senza confini e di infinita bellezza.

Colombo è la città più grande dello Sri Lanka, si trova sul mare e quindi strategica dal punto di vista commerciale ed industriale. Conserva il fascino di una grande città del sud-est asiatico ed anche il suo caos. Da una parte ha il ricordo delle passate colonizzazioni e delle vecchie tradizioni, dall’ altro, una nuova era di crescita e modernità.

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Si sviluppa ad un ritmo velocissimo, grattacieli ed investimenti da parte di altre nazioni, Cina in primis, che portano infrastrutture e la costruzione di un centro città moderno e tecnologico sul mare. Prima di arrivare in città, dal tragitto abbastanza lungo che da Anuradhapura ci porta a Colombo, facciamo delle brevi soste.

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Mangiamo un anguria in un chiosco sulla strada, guardiamo pescare nei fiumi e diamo un occhio a dei venditori ambulanti di pesce. Raveen ci tiene a farci vedere dove vive con la sua famiglia, così ci porta a casa. Negombo, chiamata piccola Roma per via dei tanti cattolici romani, si trova nei pressi di Colombo ed è vicinissima al suo aereoporto.

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E’ una città abbastanza turistica, per le sue spiagge e per il suo grande mercato ittico ed in continua espansione. Sulla costa si vedono sempre più strutture ricettive adatte un pò a tutte le tasche, dai grossi Resort ai piccoli-medi alberghi. Arriviamo a casa di Raveen, conosciamo sua moglie e i suoi 3 splendidi bambini.

Mangiamo qualcosa, beviamo un buonissimo succo e abbiamo ancora il tempo di giocare un po’ con i suoi piccoli prima di ringraziare e ripartire verso la città. Prendiamo l’autostrada che parte dal vicino aereoporto (sono pochissimi i km di autostrada sull’isola, ma grazie ad investimenti stranieri si inizia a costruire qualcosa) ed arriviamo in città.

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Un veloce giro al mercato nuovo del quartiere di Pettah (uno dei quartieri più antichi e caotici della città, da visitare assolutamente) e poi ci fermiamo nel cuore della City. Prendiamo un caffè e sullo sfondo 2 alti grattacieli. Siamo nel vecchio Ospedale degli Olandesi, il Dutch hospital shopping precinct, che dopo essere stato ristrutturato, è stato trasformato in un piccolo centro per lo shopping e per la ristorazione.

Altra sosta per delle foto a Piazza dell’Indipendenza ed arriviamo a Hithaishi’s House, la stanza dove avremmo passato l’ultima notte prima di ripartire per l’Italia. Salutiamo, abbracciamo il nostro amico Raveen e lo ringraziamo per la sua gentilezza e disponibilità, con la promessa di restare in contatto e risentirci spesso.

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La stanza dove alloggiamo non è per niente male, ha un entrata indipendente, l’aria condizionata ed non è molto lontana dal centro e dal Viharamahadevi Park, il più antico e grande parco di Colombo, creato dagli inglesi, occupato durante la seconda guerra mondiale e riaperto solo nel 1951.

Facciamo una doccia veloce e decidiamo di andare a cena, cercando in rete qualche buon ristorante di pesce. Passiamo davanti al Gangaramaya Park, un laghetto con al centro un piccolo tempio e delle statue buddiste. La vista è molto suggestiva, si vedono alcuni dei palazzi più alti di Colombo, illuminati di tanti colori che riflettono nell’acqua.

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Cerchiamo un ristorante e senza saperlo ci troviamo in un albergo a 5 stelle. Dopo vari tentativi e domande scopriamo che il ristorante si trova al suo interno. L’albergo è il Cinnamon Gran Colombo e al suo interno ci sono vari posti dove cenare. Decidiamo di provare il Taprobane e dopo essere tornati nella nostra stanza a prendere contanti e carta di credito che avevamo dimenticato, entriamo in questo ristorante molto moderno e ci accomodiamo.

La cena è a buffet ma c’è di tutto, la scelta varia con piatti della cucina occidentale (come la pizza o il roast-beef), dello Sri Lanka ed asiatica in generale. Per non parlare dei dolci, con un vero e proprio angolo dedicato. Tutto questo poi per un prezzo assolutamente modesto, solo 20 euro a testa.

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Mangiamo a volontà e siamo super soddisfatti (cercavamo l’aragosta e troviamo invece dei buonissimi granchi giganti), facciamo 2 passi all’esterno del ristorante e poi ci avviamo con la pancia piena verso ‘casa’. Il giorno dopo abbiamo ancora mezza giornata per fare un giro. Facciamo colazione con caffè, waffel sia classici che alla banana al Coco Veranda e poi una visita al Viharamahadevi Park, con i suoi tantissimi alberi.

Passiamo davanti al municipio, la town hall, costruita dagli inglesi in tipico stile neoclassico. Facciamo le valigie, prendiamo un tuk tuk e ci facciamo accompagnare alla stazione dei treni. Qui però sbagliamo perché la stazione degli autobus che vanno direttamente in aereoporto senza passare dalla città non è lì, ma a circa 10 minuti di cammino.

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Durante il tragitto verso l’aereoporto, sudato per la camminata e con la stanchezza che inizia a farsi sentire, penso alla stupenda avventura che abbiamo passato, 10 intensi giorni in cui abbiamo visto di tutto. Alla fine un pezzettino del nostro cuore lo abbiamo lasciato proprio lì.

 

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Andrea Monticelli

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La città sacra di Anuradhapura. Settima puntata del nostro Diario di Viaggio: alla scoperta dello Sri Lanka, terra senza confini e di infinita bellezza.

Per strada scattiamo ancora alcune foto, qui non puoi farne a meno, ogni cosa è stupenda e va immortalata. Le grandi distese coltivate a riso, i curiosi cartelli che ci dicono di fare attenzione ai possibili attraversamenti di elefanti, i vari laghi sparsi sul territorio, tutto è così bello da non lasciarselo sfuggire.

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Arriviamo nella città sacra di Anuradhapura, famosa nel mondo per le sue rovine ottimamente conservate delle antiche civiltà locali. Patrimonio Unesco, l’antica città, interamente buddista e circondata da monasteri che coprono un area di 40km quadrati, è uno dei più importanti siti archeologici al mondo.

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Paghiamo il prezzo d’ingresso e ci addentriamo. Dopo aver visitato un paio di musei che conservano i resti di quello che è stato rinvenuto durante gli scavi, usciamo fuori ed iniziamo ad esplorare la zona. Lo facciamo a tappe e con la macchina, perché è troppo vasto per visitarlo a piedi (in alternativa e se sopportate il caldo, si possono usare delle bici).

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Le rovine possono essere divise in tre categorie: i Dagoba, i Monasteri ed i Pokuna. I Dagoba sono edifici a forma di campana costruiti in mattoni, con dimensioni che spaziano da pochi metri ad oltre 340 metri di circonferenza. Dei monasteri sono stati trovati fondamenta, piattaforme e colonne.

Pokuna sono vasche che fornivano acqua potabile, disseminati ovunque nella giungla. Quello che risalta sono le giganti Stupe. La Stupa è un monumento buddhista, la cui funzione principale è quella di conservare reliquie, un “monumento spirituale”. A livello simbolico, lo Stupa rappresenta il corpo di Buddha, la sua parola e la sua mente che mostrano il sentiero dell’illuminazione.

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All’ esterno di ogni ‘campana’ troviamo delle costruzioni con al loro interno delle grandi statue di Buddha. Visitiamo una serie di templi, da quegli più antichi ad alcuni più moderni e quasi in ognuno di questi troviamo gente vestita di bianco con in mano fiori di loto per offerte e vere e proprie processioni, cortei e musicisti, tutti uniti dallo stesso obiettivo, pregare e rendere omaggio.

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Siamo di nuovo in viaggio verso Mihintale, una località storica e religiosa nelle vicinanze di Anuradhapura. Oggi è un sito molto importante di pellegrinaggio, quasi 2000 gradini per salire su questa collina considerata, secondo la leggenda, luogo in cui si diffuse il buddismo in Sri Lanka, dopo la conversione del re di Anuradhapura da parte del monaco Mahinda.

Tantissimi monumenti religiosi e strutture abbandonate, monasteri, stupe e vecchi refettori. Sulla collina la vista sulla piana circostante è davvero magnifica e le prime luci della sera rendono ancora più affascinante questo luogo sacro.

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Iniziamo la discesa verso il parcheggio da cui siamo saliti e siamo di nuovo in macchina verso la guesthouse dove passeremo la notte, Heaven upon rice fields. Struttura un po’ isolata ma suggestiva, perché è immersa in dei campi di riso. La famiglia che la gestisce è simpaticissima ed appena arrivati ci offrono un buon succo fresco di passion fruit.

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Altrettanto fantastica è la cena, riso, curry, pollo, patate, pol sambola a volontà e una buonissima birra ghiacciata. In camera una tv e aria condizionata. Non possiamo chiedere di meglio. La mattina seguente, dopo un altrettanta fantastica colazione, salutiamo e ripartiamo verso Colombo e verso la fine di questa fantastica avventura.

 

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Andrea Monticelli

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Destinazione oceano, in viaggio verso Nilaveli. Sesta puntata del nostro Diario di Viaggio: alla scoperta dello Sri Lanka, terra senza confini e di infinita bellezza.

Non vediamo l’ora di conoscere un altro degli aspetti che fanno di quest’ isola un vero e proprio paradiso: l’oceano e le sue spiagge incontaminate. Facciamo una pausa da una signora che ha un piccolo chiosco sulla strada e dopo aver bevuto un buon thè e mangiato una frittella arriviamo a Nilaveli, un piccolo villaggio Tamil sulla costa nordest dell’isola.

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I Tamil sono un gruppo etnico originario dell’India, con una lingua propria e di religione Induista. Hanno abitato l’isola da circa 2500 anni or sono, quando si scoprono le prime tracce della loro presenza nel nord dello Sri Lanka, mentre a sud viveva il popolo cingalese e altre cinque tribù sparse per l’isola in perenne guerra fra loro.

Con le varie dominazioni i Tamil e i Cingalesi vennero fusi come un’unica etnia, ma questo portò ad un rapporto conflittuale (per l’indipendenza). I cingalesi ebbero la meglio sui Tamil e questo fece scoppiare una terribile guerra civile, dal 1983 al 2009. Questo portò allo spopolamento della zona, che rimase poco abitata, con delle tracce ancora evidenti di quel terribile conflitto.

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Ci sono pochissimi alberghi e solo da pochi anni stanno nascendo varie strutture ricettive, create soprattutto da locali. A noi va benissimo così, il contatto con la gente del luogo; speriamo solo che la zona non venga rovinata dal turismo di massa e che rimanga fuori da interessi economici e monetari. Arriviamo nel posto prenotato, Theepan’s Home, una piccola guesthouse molto carina e non lontana dal mare.

Disfiamo velocemente gli zaini, conosciamo Theepan e la sua famiglia. Suo moglie ci offre un buon succo di mango fresco e subito via a metterci costume da bagno e infradito. Prima di salutare Raveen che tornerà a prenderci 2 giorni dopo, esploriamo la zona e troviamo uno dei pochissimi alberghi della costa, il Cardamon Hotel.

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E’ ora di pranzo, fa caldissimo. Abbiamo la possibilità di utilizzare sdraio e ombrellone di proprietà dell’albergo in cambio solo di una consumazione, che date le condizioni a noi va benissimo. Ordiniamo birra e succo di lime (bevanda da provare assolutamente, il lime del posto è qualcosa di fantastico e dissetante).

La costa è abbastanza deserta, tranne una zona piena di gente del posto. Non me l’aspettavo, l’acqua dell’oceano è caldissima e abbastanza calma se non per delle piccole onde di risacca. Restiamo qui fino al tramonto, in totale relax. Ogni tanto vediamo passare delle mucche in cerca di cibo (ce ne sono tantissime, tutte molto magre e lasciate libere di pascolare per le strade).

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Ci avviamo verso la nostra casetta, raccogliendo di tanto in tanto delle conchiglie. Qui conosciamo Darina, una ragazza russa, che come noi è ospite da Theepan e ci mettiamo d’accordo per fare tutti insieme, l’indomani, l’escursione sull’ isola di Pigeon Island, un parco naturale raggiungibile in barca, dove è possibile fare snorkeling (vista la quantità di fauna marina presente nelle acque di questa piccola isoletta). Ci facciamo consigliare un posto dove mangiare pesce e ci avviamo in strada.

Dopo una passeggiata al buio con la luce solo del frontalino che abbiamo portato da casa (solo le strade principali sono illuminate) troviamo questo piccolo ristorantino che ci cucina un ottimo pesce locale con riso, insalata e salsa piccante. Rientriamo e andiamo subito a letto, il giorno dopo dobbiamo essere pronti per partire alle 8:30.

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Eccoci sulla barca, siamo pronti per la gita al Pigeon Island National Park e sarà forse per il periodo o l’orario, ma arriviamo in 15 minuti sull’ isola. Troviamo pochissima gente (aprile-maggio è periodo di bassa stagione, l’unica cosa che non cambia è il prezzo, un po’ troppo alto secondo noi). Sistemiamo i nostri asciugamani e per 4 ore siamo in totale relax. Ci immergiamo nelle splendide acque turchesi ed una miriade di pesci colorati intorno a noi oltre ovviamente ad una stupenda barriera corallina.

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Quello che avevamo letto poi è assolutamente vero, ci troviamo a nuotare con squali e tartarughe. Lo squalo pinna nera del reef, è una delle specie più diffuse nelle barriere coralline dell’oceano indiano, sono innocui per l’uomo e raggiungono 1,5-2 metri di lunghezza. E’ un esperienza unica ma strana allo stesso tempo, all’inizio siamo un po’ intimoriti, ma la preoccupazione subito scompare. Restiamo ancora un po’ sull’ isola e poi torniamo in barca sulla terraferma. Il resto del giorno lo passiamo ad esplorare i dintorni della spiaggia, tra mucche che pascolano e gente che lavora nei campi.

Prendiamo un gelato e della frutta in un piccolo ristorante (in cui saremmo dovuti tornare per cena) e torniamo in spiaggia nell’ albergo (scopriamo di proprietà cinese) dove eravamo stati il giorno precedente. Ci raggiunge Darina e al tramonto facciamo un bel bagno nell’ oceano. Ci incamminiamo verso la nostra guesthouse e per cena ritorniamo in quel ristorantino, ma troviamo chiuso.

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Delle ragazze ci aiutano anche a chiamare la proprietaria del posto (qui sono tutti gentili e disponibili ad aiutarti se hanno la possibilità di farlo), ma niente da fare, ci conferma che è già chiuso (in bassa stagione molti posti sono aperti fino alle 8 di sera). Nel ritorno verso casa passiamo davanti al Cafè Nilaveli, che da quando siamo arrivati ci ha incuriosito, l’unico posto visto finora che in bella mostra ha il logo di Trip Advisor.

Anche questo sembra chiuso, ma come nel caso precedente, un ragazzo in moto si ferma ed inizia a chiamare il proprietario, che è così gentile da aprirci, farci accomodare e prepararci la cena. Decidiamo di mangiare riso con pesce e tonno. Il gestore è molto disponibile, parla un inglese impeccabile e dopo ci spiega che ha vissuto tantissimi anni tra Londra e Parigi prima di ritornare e aprire questo piccolo ristorante con alcune camere per dormire.

Il posto si trova effettivamente su Trip Advisor e ci prega di lasciare una recensione. La cena è stata davvero squisita, facciamo ancora 2 chiacchere bevendo una birra e poi ce ne torniamo nella nostra casetta. Il giorno dopo ancora un paio d’ore in spiaggia, tra mare, sole, guardando i ragazzi del posto giocare a cricket (qui è lo sport nazionale per eccellenza), prima di ripartire in direzione Anuradhapura, una delle antiche capitali dello Sri Lanka.

 

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Andrea Monticelli

 

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Dambulla, il tempio d’oro e Safari al Minneriya National Park. Quinta puntata del nostro Diario di Viaggio: alla scoperta dello Sri Lanka, terra senza confini e di infinita bellezza.

Partiamo in direzione Dambulla, per visitare un tempio rupestre scavato nella grotta. Quello che non manca in Sri Lanka sono le palme da cocco, cosi abbiamo il tempo di fermarci in strada per assaggiare la King Cononut, un cocco di colore giallo-arancione, che viene venduto come bevanda dissetante, e come ci dicono i cingalesi anche come rimedio per il mal di stomaco.

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Ne prendiamo uno in 2 e facciamo bene, perché contiene tantissima acqua da bere (disseta e non è troppo dolce). Dopo aver bevuto ci facciamo aprire il frutto ed assaggiamo anche la squisita polpa bianca che si trova al suo interno.

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I cingalesi del cocco usano proprio tutto, viene usato sia in cucina (ad esempio per fare il Pol Sambola), distillato si trasforma in arrack e in olio per friggere i cibi. Arriviamo così a Dambulla, un vero e proprio capolavoro d’arte. Un grande tempio diviso in tante piccole grotte con affreschi raffiguranti scene di vita e tante statue di Buddha nelle caratteristiche pose.

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La vista dall’ alto è stupenda; fa caldo e nella discesa sbagliamo strada, costeggiamo altri piccoli templi, facciamo alcune foto alle tantissime scimmie che incontriamo e siamo di nuovo in macchina. Sosta per pranzo al Tropical Village Resort, un bel ristorante che offre un ricco e vario buffet ad un prezzo contenuto (spendiamo 15 euro in 2) e siamo di nuovo in direzione Minneriya National Park, un parco nazionale ricco di fauna.

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Qui si possono ammirare tantissimi elefanti che vivono nella libertà più totale. Arrivati, prendiamo una jeep con autista (l’unico modo per entrare) paghiamo l’ingresso e ci addentriamo nel parco per il vero e proprio Safari. All’inizio la vegetazione è abbastanza fitta, strade piene di buche (farle in jeep risulta molto divertente).

Pian piano il bosco si apre e davanti a noi una fantastica piana, molto verde e con un grande lago al centro. Sulle sue sponde decine di elefanti intenti a sfamarsi (si spostano solo di notte e non è difficile incontrarli per le strade). Il Safari dura circa 4 ore, qua e là incontriamo vari tipi di uccelli ed in lontananza un coccodrillo. Gli elefanti dello Sri Lanka sono un po’ più piccoli di quegli africani e non tutti hanno le zanne (riusciamo però a vedere anche un elefante capo branco, molto più grande e con zanne belle appuntite).

Il sole all’orizzonte inizia a calare, contenti di essere stati ospiti in un mondo a noi sconosciuto e di esserci entrati in punta di piedi senza lasciare traccia del nostro passaggio. Ci aspetta ora un’altra bellissima esperienza, dormire in una vera casa sull’ albero, la Angry Birds Tree House, a Habarana.

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Arriviamo e il nostro host Srimal viene a prenderci con il suo tuk tuk all’ imbocco della strada, perché da lì in avanti la macchina non riuscirebbe a proseguire (in Sri Lanka è normale svolgere più lavori, è usuale ad esempio per chi possiede delle stanze da affittare, avere un tuk tuk da utilizzare come taxi). La nostra casa sull’ albero si trova in un zona abbastanza isolata, in un grande ‘giardino’ e altre case sparse qui e là. In alto si trova la camera, completamente in legno e con un letto molto confortevole, e in basso il bagno.

Facciamo una doccia veloce e Srimal, gentilissimo, ci accompagna con il suo tuk tuk a cena in un ristorantino del villaggio. Mangiamo qualcosa e dopo un’ora viene a riprenderci. Beviamo una birra fresca sul terrazzino della casetta e poi a nanna, pronti per una nuova giornata in direzione mare, a Trincomalee-Nilaveli, sulla costa nord-est dell’isola.

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La mattina ci svegliamo di buon ora (non dormiamo più di tanto, versi di animali di ogni tipo e ululati di cane, che qui in Sri Lanka sono tantissimi). A noi va comunque benissimo, non c’è miglior cosa del contatto con la natura. Come di consueto una sana colazione con Egg Rotti (piadina ripiena di uova, miele e cocco), Pol Sambola, banane, caffè e i tipici Hopper, sorta di crepes sottili e croccanti a forma di scodella. Salutiamo Srimal e partiamo in direzione mare.

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Andrea Monticelli

Diario di Viaggio: alla scoperta dello Sri Lanka, terra senza confini e di infinita bellezza

Direzione Sigiriya, la fortezza di pietra. Quarta puntata del nostro Diario di Viaggio: alla scoperta dello Sri Lanka, terra senza confini e di infinita bellezza.

Partiamo in direzione nord, verso l’antica città di Sigiriya, un sito archeologico Patrimonio dell’ umanità, che contiene le rovine di un antico palazzo costruito durante il regno di re Kasyapa (477 – 495 d.C.). La vecchia città sorge su di un antica roccia (Lion Rock) alta 370 metri. Vogliamo essere lì per il tramonto e godere della stupenda vista che dall’ alto domina la piana circostante.

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In Sri Lanka in questo periodo il sole sorge prestissimo, intorno alle 5 e 30, e tramonta un po’ dopo le 18:00. Durante il nostro tragitto abbiamo modo di vedere stupende piantagioni di thè e donne al lavoro per la raccolta. Passiamo davanti ad un maestoso tempio Indù prima di far sosta al Ranweli Spice Garden, un bellissimo giardino di spezie a Matale.

 

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Per entrare non si paga l’ingresso, la guida è gratuita ed alla fine del giro vi invoglierà (ma senza nessun tipo di insistenza) a fare acquisti di erbe, spezie, creme e unguenti di ogni tipo che servono a prendersi cura del nostro corpo.

L’uso di spezie è legato ad una delle medicine utilizzate in Sri Lanka, l’ayurveda, un sistema medico ampio e complesso comprendente aspetti di prevenzione, oltre che di cura, che permetterebbero se applicati rigorosamente, di vivere più a lungo e di migliorare la propria salute e rispettare il proprio corpo.

Tutto questo con l’utilizzo di rimedi naturali, olii medicali, polveri di erbe e spezie. Il giardino è molto interessante e la nostra guida molto preparata. Ha varie piante, cacao, caffè, spezie di tutti i tipi, pepe, cannella, zenzero, cardamomo, noce moscata, etc. Ci offre un thè, ci spiega a cosa servono le varie piante e poi ci conduce nel negozio vero e proprio.

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Compriamo solo una di bustine di polvere di zenzero e una di un rimedio per sbiancare denti e rinforzare gengive (così ci dicono) e ripartiamo in direzione Lion Rock. Arriviamo mezz’ora prima delle chiusura della biglietteria (l’unica cosa negativa è il prezzo un po’ alto).

Ci incamminiamo, il percorso è attraversato da un complesso di fossati e giardini che conducono alla base della roccia.

Si raggiunge una prima terrazza, decorata con degli affreschi, antiche pitture rupestri molto ben conservate di alcune fanciulle, presumibilmente rappresentanti le numerose concubine del re Kasyapa e poi attraverso una scala di acciaio si sale verso la cima della roccia.

Rimangono solo i resti di alcune statue di leoni, che un tempo forse fungevano da ingresso al palazzo reale.

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La leggenda narra che l’ambizioso Re Kasyapa murò vivo il padre al fine di destituirlo e fece deportare il fratello Mugalan per impadronirsi del suo regno. La paura però che il suo stesso karma gli si potesse rivoltare contro, magari prendendo le sembianze del fratello, lo indusse a erigere delle mura intorno alla roccia e a costruire una cittadella fortificata proprio sulla sommità del promontorio.

Una volta saliti i 1500 gradini (la salita non è comunque faticosa) che ci portano in cima, lo spettacolo è unico, ammiriamo il panorama a 360 gradi in tutta la sua bellezza. I colori del cielo sono stupendi e pian piano il giorno fa posto alla notte.

Arriviamo al Village Guest Sigiriya, dove passeremo la notte. E’ una casa privata, con della stanze per ospiti. La famiglia che lo gestisce è molto accogliente ed ospitale. Incontriamo una coppia di francesi e ceniamo con loro.

E’ tutto molto squisito, riso con curry, pollo, verdure e persino il dolce (un gelato alla vaniglia). Ci servono delle birre (non sempre di facile reperimento, perché per vendere gli alcolici in Sri Lanka serve una licenza molto costosa che non tutti possono permettersi) e ci offrono anche uno dei liquori tipici dell’isola, il coconut arrack, una specie di rhum al cocco mischiato con Seven Up.

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Abbiamo ancora il tempo di fare 2 chiacchiere con la signora che ci ospita e di giocare un po’ con le bambine di casa e poi dritti a nanna. Riusciamo anche a dormire un po’ visto la fatica accumulata la notte prima (ascesa all’ adam’s peak) e la mattina siamo di nuovo in forma pronti per una nuova avventura.

Facciamo un abbondante colazione con uova, Pol Sambola (un impasto di cocco, cipolle, succo di lime e pepe), thè, Rotti con marmellata e siamo di nuovo in macchina direzione Minneriya National Park.

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Andrea Monticelli

 

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L’ascesa all’ Adam’s Peak (Sri Pada). Terza puntata del nostro Diario di Viaggio: alla scoperta dello Sri Lanka, terra senza confini e di infinita bellezza.

La strada per raggiungere i piedi del monte è più stretta e instabile rispetto le altre. Ci avviciniamo in una zona più interna e montuosa del paese. Durante il tragitto abbiamo la possibilità di ammirare dei bellissimi campi coltivati a thè e a sera arriviamo a destinazione, nel piccolo villaggio di Nallathanniya, al mango tree holiday bungalow.

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Ci aspetta un alzataccia, ma si spera anche una bellissima avventura, la scalata al monte Adam’s Peak, “il picco di Adamo”, uno dei luoghi più sacri e meta di pellegrinaggio qui in Sri Lanka. Qui, secondo musulmani e cristiani (in versioni differenti), Adamo avrebbe messo piede sulla terra dopo essere stato cacciato dal paradiso terrestre.

Sri Pada, “piede sacro”, per via dell’enorme orma che si incontra sulla sommità e che sarebbe stata lasciata, secondo i buddhisti, dal Buddha durante la sua discesa tra i comuni mortali mentre, secondo gli induisti, dal grande dio Shiva.

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Il nome più poetico rimane quello propriamente singalese: Samanalakanda, “montagna delle farfalle”, il luogo in cui si dice che le farfalle si rechino a morire. Decidiamo di partire alle 2:15. Il momento ideale è riuscire ad arrivare in vetta all’ alba, per godere del magnifico spettacolo che la natura può regalare.

Prima di andare a nanna però, gustiamo un ottima (speziata) cena  in un piccolo ristorantino con vista sulla strada, dove da tutto il pomeriggio è un continuo via vai di pellegrini.

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E’ curioso vedere come la gente si prepari alla scalata al monte, vestiti pesanti e buffi berretti di lana in testa. Dormiamo circa 3 ore e partiamo con ancora nello stomaco la cena non proprio digerita. Il percorso inizia dolcemente con scalini abbastanza larghi ma piano piano gli scalini si stringono e diventano sempre più ripidi. Statue di Buddha sparse un po’ dappertutto e piccoli templi dove la gente si ferma in preghiera.

Ho visto di tutto durante la salita, gente anziana, ragazzi con in spalla sacchi pieni di offerte, genitori con in spalle i figli neonati, monaci in silenzio assoluto, donne anziane che nonostante l’enorme fatica continuano nella marcia aggrappandosi a braccia forti di figli e nipoti, gente di ogni età addormentarsi in tutti i luoghi lungo il percorso.

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La fede nella salvezza supera e va oltre le possibilità fisiche di una persona e spero con tutto il cuore che ogni singolo individuo sia riuscito nell’ impresa e che le promesse di una rinascita migliore possano avverarsi. In alcuni punti del cammino la salita diventa strettissima, con un corrimano che divide i 2 lati. Faccio fatica all’inizio perché non ho ancora digerito la cena.

Acquisto una bibita al limone in una delle tantissime bancarelle che si trovano lungo il percorso illuminato e che vendono di tutto, cibo e bevande a volontà e riesco per fortuna a stare meglio. Andiamo avanti, siamo in coda, ci si muove di un passo al minuto, ogni tanto qualcuno da dietro spinge.

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La cosa che più mi ha colpito è questa ‘rassegnazione’, questo attendere in coda senza mai fiatare, accettare il fatto che già arrivare fin lì è un traguardo e anche se ci fossero volute altre 5 ore per la cima, sarebbe stata comunque una vittoria. Noi invece siamo meno abituati a questo e decidiamo, se non vogliamo rischiare di perdere il sorgere del sole, di percorrere gli ultimi metri fuori dal percorso stabilito, su un ‘sentiero’ laterale che costeggia i gradini. Riusciamo in questo modo ad arrivare in cima in tempo, un po’ stremati dalla fatica della salita ‘alternativa’.

Lassù lo spettacolo è unico, ne è valsa la pena. Riusciamo a vedere molto poco, non ci si può muovere con facilità, il picco è super affollato, intasato di persone stanche ma come noi contente di essere arrivate fin lì. Iniziamo la discesa, che sembra non finire più e prima di fare i bagagli e di lasciare la nostra guest house, ci aspetta una super colazione che apprezziamo tantissimo. Di certo sarà stata la fame che avevamo.

Frutta, Roti (tipico pane cingalese al sapore di cocco), thè, caffè, toast e marmellata, uova (che al mattino in Sri Lanka non mancano mai) e degli involtini (tipo crepes) con granella di cocco e miele. Salutiamo i ‘padroni’ di casa e ci avviamo zaini in spalla verso la macchina dove ci aspetta il nostro amico Raveen.

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Andrea Monticelli

 

 

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Da Colombo a Kandy: il triangolo culturale e le antiche città. Seconda puntata del nostro Diario di Viaggio: alla scoperta dello Sri Lanka, terra senza confini e di infinita bellezza.

Avendo pochi giorni a disposizione abbiamo deciso di prendere in affitto un auto con autista. Raveen è il nostro ‘driver’, ragazzo simpaticissimo, gentile e disponibile. E’ un servizio che tanta gente prende in considerazione qui in Sri Lanka.

SECONDA PUNTATA, kandy

Anche se le strade sono ottime e ben asfaltate, i cingalesi hanno un sistema tutto loro nel guidare, trovano ordine nel loro disordine. Sorpassi al millimetro, pedoni, biciclette, autobus, auto, tuk tuk (tipico taxi a 3 ruote di ogni tipo e colore) e perfino animali. In strada si trova proprio di tutto e al calar della sera non esiste illuminazione, se non nei centri abitati e nelle vie principali. Se si dispone invece di tempo, è interessante spostarsi con i mezzi tipici del luogo, autobus e treni in primis oltre ai tuk tuk per gli spostamenti brevi.

 

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Arriviamo a Kandy di sera. Il tempo di gustare un ottimo riso e curry in uno dei pochi ristoranti aperti di domenica e poi dritti verso il nostro primo alloggio, il Bamboo Cottage a Katugastota, una casetta isolata immersa nella tranquillità più assoluta, con a lato una piccola foresta di Bamboo.

Dopo una notte quasi insonne, ma nulla se confrontata all’esperienza di dormire nel piccolo chalet a contatto con la natura, con la moltitudine di animali che popolano la foresta e che al calar del sole iniziano i loro concertini musicali, facciamo colazione con toast, marmellata, caffè e siamo subito pronti a visitare Kandy.

La città è stata l’ultima capitale dei Re Sinhala (ovvero del regno singalese) dinastia che regnò e fece prosperare lo Sri Lanka per più di 2.500 anni fino all’occupazione da parte degli inglesi. Da non perdere assolutamente è la visita al Tempio della Reliquia del Dente (il dente sacro del Buddha), Sri Dalada Maligawa, che si trova all’ interno del complesso del palazzo reale.

Il mese di Aprile coincide con varie festività, la pasqua, le vacanze di primavera ed il Capodanno buddista. E noi, per non farci mancare nulla ci siamo trovati immersi in quest’ atmosfera di festa; volevamo un esperienza vera, ed ecco che l’abbiamo trovata. Devo dire che trovarci a contatto con la popolazione locale e le loro usanze, è stato un qualcosa di unico. Per entrare al tempio bisogna avere spalle e gambe coperte, togliersi le scarpe e passare dei controlli, diversi per uomini e donne.

Una folla di gente, a piedi nudi, la maggior parte in abito bianco (da cerimonia) con fiori di gelsomino e loto in mano, pronta ad offrirli a Buddha. In alcuni momenti siamo in coda, non riusciamo a muoverci di un centimetro, schiacciati da questa moltitudine di gente. Alcuni sono lì per la prima volta, tutti uniti dallo stesso scopo, pregare e rendere omaggio. Appena fuori, intorno al lago che circonda il palazzo, abbiamo fatto il nostro primo incontro con i simpatici animali che ci accompagneranno per quasi tutto il viaggio, le piccole e curiose scimmiette.

Abbiamo ancora il tempo di fare un giro per la città e il centro, con il suo via vai di macchine, autobus, tuk tuk e il tipico mercato prima di visitare i giardini botanici di Peradeniya. Il parco è stato creato per la famiglia reale inglese e contiene più di 5000 specie tra fiori, alberi, piante esotiche ed un vero e proprio giardino di orchidee. Al suo interno vi sono alcuni degli alberi più grandi dell’ intera isola e, strano ma vero, è possibile vedere tantissimi pipistrelli (di giorno), che penzolano dalla cima dei rami degli alberi.

Seconda puntata del nostro Viaggio, a presto per la terza!

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Andrea Monticelli

Diario di Viaggio: alla scoperta dello Sri Lanka, terra senza confini e di infinita bellezza

John Steinbeck aveva proprio ragione nel dire che “Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”. Io del mio viaggio in Sri Lanka ho imparato alcune cose e altre che invece davo per scontato alla fine ho dovuto riconsiderarle.

Ad esempio che il buddismo non è l’unica religione del paese, ma ben l’8 percento è di fede cristiana (e ‘solo’ il 12,6 % induista); la maggior parte di strade sono belle e asfaltate, anche se di lenta percorrenza e tante auto vengono dal Giappone; l’isola, anche se piccola, ha dei microclimi diversi da nord a sud e da est a ovest. Insomma lo Sri Lanka è un paese dai mille volti e dalle tantissime sfaccettature, proprio come una pietra preziosa, di cui l’isola ne ricorda la sua forma.

Siamo partiti in 2 ed il nostro tour è durato 9 giorni. Abbiamo visitato principalmente il centro e la costa nord-est arrivando ad Anuradhapura. Da lì siamo ridiscesi fino a Colombo per poi far rientro in Italia.

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Ecco il nostro itinerario:

  • Aereoporto Colombo – Kandy
  • Kandy – Nallathanniya (Adam’s Peak)
  • Nallathanniya – Matale – Sigiriya
  • Sigiriya – Dambulla – Minneriya National Park – Habarana
  • Habarana – Nilaveli
  • Nilaveli – Pigeon Island
  • Nilaveli – Anuradhapura
  • Anuradhapura – Negombo – Colombo

 

Il nostro racconto inizia proprio dall’ aereoporto di Colombo. Qui ad attenderci troviamo il nostro nuovo amico Raveen.

Prima puntata del nostro Viaggio, a presto per la seconda!

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Andrea Monticelli

‘Il salto nel buio’, un giorno di Base Jump con Maurizio ‘Maury’ Di Palma

Noi di Storytellers abbiamo passato un’intera giornata sul Monte Brento, location trentina unica, con Maurizio e Cristian, base jumpers per eccellenza. Abbiamo provato delle grandi emozioni, ma non vogliamo anticiparvi nulla… leggete la nostra storia e buon ‘base jump’ a tutti.

Sabato ore 3:30, super levataccia dopo essere rientrato a casa alle 2. Un caffè super potente, un lavaggio super veloce e verso le 4:15 parto in direzione Pietramurata, anzi più precisamente località Gaggiolo, a circa 30 minuti da Trento.

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Lì ad aspettarmi c’è il mio amico Davide, con cui il giorno prima avevo preso accordi di vederci  a casa sua e subito dopo,  insieme a ‘quei pazzi’  base jumpers, Maurizio e Cristian, di trovarci tutti al bar Parete Zebrata (bar che prende il nome dalla parete conosciuta anche con il nome di  “Placche Zebrate”, palestra naturale del Monte Brento, nonché luogo famosissimo e frequentato da climber e BASE jumpers di tutto il mondo).  Era la mia occasione di provare una nuova esperienza, se non direttamente saltare giù con la tuta alare,volevo almeno provare l’emozione di  essere lì con loro, salire un pezzo di montagna, seguire la loro preparazione. Per me questa è già una grande emozione.

Dopo le dovute presentazioni, (era la prima volta che vedevo Maurizio e Cristian), saliamo tutti in macchina di Davide e da lì proseguiamo in direzione Dro-Riva del Garda. Dopo una ventina di minuti di curve e tornanti, verso le 5:15, alle prime luci dell’alba, arriviamo alla base del Monte Brento, ma già a più o meno 1000 metri di altitudine, parcheggiamo la macchina e iniziamo ad addentrarci nel bosco, dove di lì a poco avremmo percorso il sentiero e quindi ‘l’ avvicinamento’ verso il ‘Becco dell’ Aquila‘ (piccolo segmento di roccia posto sul Monte Brento, chiamato cosi per la sua somiglianza appunto ad un becco aquilino,è una palestra perfetta per praticare il BASE Jump, essendo una parete dritta, senza protuberanze).

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Il sentiero non presenta grosse difficoltà, è una passeggiata appunto non difficilissima, con una paio di salitine più impegnative. Vai a  spiegarlo a ‘quei pazzi’,che portano con se tutta la loro attrezzatura in uno zaino non proprio leggerissimo  (anche se va detto che chi  vuole, può prendere un ‘taxi’, che salendo da una strada forestale ti accorcia non di poco il cammino ). Io, dal canto mio, avevo con me  uno zaino con un po’ di materiale video, una reflex ed un piccolo cavalletto. Il mio scopo, anche se ancora non l’ho detto, era portarmi  dietro qualcosa da questa esperienza. E cosa c’è di meglio di immagini e video per avere un ricordo il più indelebile possibile? Mi  rispondo da solo..proprio niente.

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Tornando alla nostra camminata, il sentiero varia da alcune zone sottobosco, dove si possono ammirare degli splendidi alberi ad altre più aperte, ed infine una zone più rocciosa, con alcune cavità a forma di piccole grotte, che si aprono su di essa, prima di arrivare nel tratto finale costeggiato da varie falesie. Arrivati nel tratto più aperto, rimango stupito nel vedere che ci sono tantissimi jumpers che continuano a sbucare dal bosco, posando la loro attrezzatura sul terreno e quindi iniziare la lunga e delicata fare di preparazione al salto.

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Quello che mi colpisce a prima vista è che ci sono ragazzi da tutte le parti del mondo, Spagna, Russia, Stati Uniti, naturalmente Italia e chi  più ne ha più ne metta. E’ un vero e proprio rito quello a cui assisto, una vera e propria vestizione. Riporre lo zaino, aprirlo, prendere la  tuta, indossarla, tutto osservato nei minimi dettagli e con la dovuta cautela e lentezza.

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Io intanto sono li che seguo questa preparazione e filmo tutto quello che mi trovo davanti,  prima di arrivare al vero e proprio ‘becco dell’ aquila’, una roccia piatta ma leggermente  pendente, ormai liscia per il continuo passare di gente e quindi piena di corde di sicurezza a cui aggrapparsi, piccola base da cui si effettua il salto vero e proprio. Da un lato ci sono io e Davide che muovendoci a destra e sinistra cerchiamo di catturare con le nostre reflex alcuni dei  momenti più belli e intensi, dall’ altra ci sono Maurizio e Cristian che sono li a supervisionare e a dare consigli e suggerimenti ai ragazzi pronti a saltare.

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Quello che vedo dopo è qualcosa di stupendo e intenso. Mano a mano che i ragazzi sono pronti, uno alla volta, ma a volta anche due in successione, arrivano sul ‘becco’, preparazione, concentrazione e poi giù in velocità, in un secondo spariscono dalla mia vista e sono già in volo con la loro tuta alare, prima di aprire il paracadute.

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Lo spettacolo lassù è indescrivibile, un paesaggio mozzafiato, in lontananza varie cime e in basso un bello scorcio del lago di Cavedine. C’è ancora tempo anche per Maurizio e Cristian di lanciarsi insieme, in Tandem (un vero lancio in paracadute, possibile ora anche senza aver nessuna conoscenza di paracadutismo, perché l’istruttore è proprio lì incollato alle tue spalle).

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Dopo più di 4 ore decidiamo che abbiamo  materiale fotografico e video a sufficienza ed io e  Davide riprendiamo i nostri zaini e ci  apprestiamo a scendere e tornare già, questa  volta senza troppi sforzi, al parcheggio dove ci  attende la nostra auto. Nella discesa incontriamo  sul sentiero ancora un via vai di gente che sale ed effettuerà a sua volta il ‘salto’.

Una bellissima esperienza, non ho altre parole per descrivere questa giornata. Grazie a Maurizio, Cristian, Davide che mi hanno permesso di ‘volare con la mente’ di stare lì con loro e di condividere anche un po’ con me questa loro grande passione.

Qui il link del video della nostra esperienza. Maurizio invece vi spiegherà cosa vuol dire per lui essere un base jumper. Buona visione

La birra artigianale al Palazzo Roccabruna di Trento

Il Palazzo Roccabruna di Trento è la sede dell’Enoteca Provinciale del Trentino e dal 2004 è il punto di riferimento per eventi e manifestazioni che hanno come assoluto protagonista il vino. Negli ultimi anni, tuttavia, il Palazzo ha ampliato i suoi orizzonti diffondendo una maggiore cultura sui prodotti enogastronomici e artigianali più rappresentativi del Trentino.

Dal 2 al 4 ottobre il Palazzo Roccabruna ha ospitato i migliori birrifici del Trentino.
La posizione geografica della provincia, infatti, rende favorevole la produzione di questa bevanda, la cui storia risale alla fine del secolo XVIII con la nascita della prima fabbrica di birra a Piedicastello. Oggi sono molti i birrifici che recuperano questa tradizione valorizzando un prodotto che, come detto, si inserisce perfettamente nel nostro territorio.

In un precedente articolo avevamo già discusso della rivincita della birra, da bevanda di serie B a riscoperto piacere per il palato. Questa rivincita si rispecchia sia nel boom del consumo di birra artigianale, sia nel numero di microbirrifici in costante crescita, oggi ben 14 in tutto il Trentino.
Per scoprire questo riscoperto e vivace mondo, Palazzo Roccabruna ha ospitato undici birrifici: Bionoc’ (Mezzano), Birra Lagorai (Castelnuovo), Birra Rethia (Vezzano), Agraria di Riva del Garda (Riva del Garda), Barbaforte (Folgaria), Birra del Bosco (Lavis), Carador (Costa di Folgaria), Teddy Bier (Mori), Birrificio Val Rendena (Pinzolo), Birra di Fiemme (Daiano), Melchiori (Tres).

Oltre alla possibilità di degustare le loro ottime birre nella meravigliosa cornice del giardino del Palazzo, alle ore 18.00 di ogni giorno si è tenuto un laboratorio enogastronomico in compagnia di due produttori con degustazioni ed approfondimenti sulle caratteristiche organolettiche e produttive.
Noi di #trentinodavivere non potevamo di certo mancare e ci siamo presentati alla degustazione di giovedì 2 ottobre con protagonisti i birrifici Lagorai di Castelnuovo e Carador di Folgaria.

Dopo una breve presentazione in cui ci viene raccontata la storia della birra artigianale in Trentino e le caratteristiche della birra artigianale (non filtrata e non pastorizzata), finalmente passiamo all’azione! Prima proviamo una birra Lager dal gusto morbido e dissetante. Successivamente una Pilsner dal sapore maltato e moderatamente amaro. E’ quindi il turno di una birra rossa dal sapore speziato e infine di una Weizen dal sapore fruttato.
Come potete capire, quando si parla di birra artigianale ce n’è davvero per tutti i gusti!

Che altro dire sull’evento? Tutte le birre erano buonissime e la location splendida!

Se questo mondo vi affascina e vi incuriosisce, vi consigliamo di visitare i siti internet dei produttori e provare a contattarli. E’ spesso possibile andare a visitare personalmente il birrificio e degustare i loro prodotti. Approfittatene 🙂

In attesa del prossimo evento (siamo sicuri che non mancherà molto) dove poter gustare delle ottime birre artigianali, gustatevi il breve video che accompagna l’articolo!

Credits: video Andrea Monticelli © Storytellers

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